Aristotele già nel IV secolo a. C. sosteneva che “l’uomo è un animale sociale”, caratterizzato dall’inevitabile bisogno dell’altro e dal bisogno di appartenenza, che si realizzano non solo nelle relazioni interpersonali ma anche nei rapporti di gruppo.

Tutte la relazioni sono caratterizzate da scambi comunicativi e il colloquio è l’abituale mezzo con cui avvengono tali modalità dialogiche e discorsive.

Qualunque sia la natura delle relazioni, sia essa duale che di gruppo, è difficile immaginarne una senza conflitto. In quanto, il conflitto è insito nella natura umana.

In questo articolo parlerò di un particolare tipo di conflitto, ovvero, quello legato alla separazione coniugale.

Le separazioni e i divorzi avvengono spesso in maniera conflittuale, in cui i genitori utilizzano i figli per ricattare l’ex partner o richiedendo ai figli alleanze e schieramenti.

La separazione coniugale è un evento critico, e come tale, richiede un grande dispendio di energie per l’elaborazione del divorzio psichico.

Il principale compito che la famiglia deve affrontare dopo la separazione coniugale è la riorganizzazione delle relazioni familiari.

In questo difficile compito, gli ex partner possono scegliere di seguire un percorso di mediazione familiare.

Esso rappresenta un approccio diverso alla gestione dei conflitti, che permette alle parti di uscire da situazioni di impasse e ridurre gli effetti di un conflitto distruttivo.

La mediazione familiare nasce negli Stati Uniti nel 1913. Nonostante in Italia sia una tecnica poco diffusa, che solo negli ultimi anni si sta facendo strada, nei paesi anglosassoni viene regolarmente svolta da decenni con risultati estremamente positivi.

Probabilmente la sua diffusione è legata anche al maggior interesse delle forze politiche rispetto a tale argomento. Infatti, con la legge n° 54 dell’8 febbraio 2006 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006) è stato introdotto, in materia di separazione, un elemento nuovo: l’affidamento condiviso dei figli.

Tale legge esplicita che, anche in caso di separazione, i figli hanno il diritto di mantenere un rapporto sereno, equo e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cure, educazione, istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Ma che cos’è la Mediazione familiare?

Per Mediazione Familiare intendiamo “un percorso negoziale/collaborativo di risoluzione del conflitto”, nel quale le coppie in difficoltà, vengono assistite da un terzo imparziale, il Mediatore.

Il mediatore attraverso l’utilizzo di specifiche tecniche di gestione del conflitto, crea un luogo di incontro neutrale, allo scopo di migliorare la comunicazione.

Tale percorso rappresenta per la famiglia coinvolta un’occasione in cui acquisire consapevolezza del cambiamento in atto, in quanto crea le condizioni necessarie perché le parti possano gestire autonomamente il conflitto, negoziando un accordo accettabile per entrambi.

Con il dialogo le parti giungeranno a scelte autonome, consapevoli, consensuali e soddisfacenti per entrambe, evitando lunghe, estenuanti e costose battaglie legali.

L’obiettivo principe della mediazione familiare è tutelare il benessere dei figli/dei minori, salvaguardando anche la responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli, in special modo se minori.

In sintesi, lo scopo di questo modello è quello di aiutare gli ex coniugi a separare il piano genitoriale dal piano coniugale e a riappropriarsi delle proprie competenze genitoriali, motivandoli a cooperare per la crescita e per il benessere del figlio. In quanto, nonostante la separazione, il compito genitoriale non cessa.

Come scrive Anna Olivero Ferraris “dai figli non si divorzia”. La mediazione si può iniziare in qualsiasi fase della separazione.

Si articola in 8-12 sedute in cui verranno affrontate tutte le problematiche poste dai coniugi (es. modalità affidamento figli, assegno di mantenimento, divisione delle patrimoniali, ecc.).